Our task is to make trouble, to stir up potent response to devastating events, as well as to settle troubled waters and rebuild quiet places.
— Donna J. Haraway
Benvenutə! Qui è dove trasformerò in esperienza collettiva la mia attività preferita: pormi domande.
Da tempo penso se e come fare una cosa del genere, e alla fine a inizio ottobre 2023, durante un volo Fiumicino-L’Havana, ho sentito definitivamente il bisogno di condividere con altre persone alcuni pensieri. Ho iniziato a scrivere. Perché non voglio più che tutte le mie domande rimangano solo sulle note del mio telefono: penso sia più bello se vengono accolte anche da altre persone. E quindi, anche se non ho ancora capito bene come si usa e nonostante l’assenza di un piano chiaro, ho deciso di partire.
Vorrei provare a usare questo spazio liberamente, senza cadenze autoimposte, come una sorta di diario professionale ed emotivo, e cioè dove condividere alcuni dei miei interrogativi più pressanti insieme a suggestioni e proposte, ogni mese.
Faccio un lavoro che quasi nessunɜ capisce, e mi occupo di temi che in moltɜ reputano astratti. Penso che rendendola un’esperienza collettiva, questo dubitare - nel bene e nel male, da sempre alla base di come sto al mondo - sia un modo per incoraggiarmi a tenere traccia di ciò che accade e di ciò che mi accade.
Ma domande su cosa?
Mi occupo di etica e impatto sociale delle tecnologie. Le domande che porrò saranno tendenzialmente legate a questo, e più nello specifico a:
etica, filosofia e sociologia
intelligenze artificiali
femminismo e discriminazioni
costruzione sociale
decisioni automatizzate
impatti sociali (con casi studio) delle tecnologie
politiche digitali
Cos’è l’inevitabilismo tecnologico?
…e da dove arriva il titolo di questa newsletter?
Resistere, perché significa «opporsi a un'azione di forza» ma anche «fermare, fermarsi» e soprattutto «conservare, conservarsi». All'inevitabile, perché è così che trattiamo la tecnologia almeno a partire dalla prima rivoluzione industriale.
L’atteggiamento più diffuso nei confronti delle tecnologie, infatti, è quello di darle completamente per scontate. Non è comune la pratica di porsi domande sull’esistenza di un processo tecnologico o di una pratica automatizzata che ad un certo punto della storia è stata considerata “innovativa”. Questo riguarda i telai, i forni a microonde, le pillole anticoncezionali tanto quanto gli algoritmi. Le e li prendiamo per buoni, come qualcosa che “ci accade” inevitabilmente perché qualcuno da qualche parte nel mondo che detiene abbastanza potere e controllo sui mezzi ha deciso che doveva andare così (più o meno quello che direbbe Marx), e raramente indaghiamo le cause che li hanno fatti piombare nelle nostre vite. Questo, secondo il filosofo Andrew Feenberg, accade perché abbiamo fatto coincidere così tanto la tecnologia all’economia e al progresso di mercato da averla allontanata dalle condizioni empiriche dell’esistenza, vale a dire dai bisogni sociali e dalle necessità contingenti, che la domanda più assurda in assoluto sembrerebbe proprio questa: ma perché esiste questa tecnologia? Ne abbiamo davvero bisogno?
Ecco, resistere per me significa (anche) questo. Non solo dissentire, se necessario, ma risalire alle cause e mettere in discussione. In questo caso, accettare che un processo umano sia considerato inevitabile.
Per tornare al titolo, Resistere all’inevitabile l’ho usato per la prima volta in un articolo per il numero di ottobre 2022 della rivista di Luiss University Press, La meraviglia del possibile (LMDP) (qui c’è la versione online). Nell’articolo, l’inevitabile è la tecnologia trattata in modo determinista. Scrivevo di algoritmi predittivi usati in contesti sensibili per la vita delle persone e della società, chiedendomi se veramente siamo destinati a lasciare che il nostro futuro venga predeterminato dalle macchine. Non amo fare paragoni con la letteratura e il cinema di fantascienza, ma qui chiunque potrebbe ritrovarci il migliore Philip K. Dick. Qui subentra la resistenza, che in questo caso indica la proposta e l’incoraggiamento a non arrendersi all’idea che la tecnologia sia completamente fuori dal nostro controllo. come indirizzarla. Nell’articolo, racconto di uno scandalo politico e in parte algoritmico di cui sentirete parlare spesso qui: il Toeslagenaffaire, il caso olandese sui sussidi all’infanzia che è stato descritto come il primo caso europeo di discriminazione di massa sui cittadini basata sui dati e di cui mi occupo nella mia ricerca di dottorato. Qui un estratto:
L’infiltrazione della predittività nelle nostre vite può privarci della percezione di un futuro aperto, possibile, in cui fare la differenza. Questo, se ci pensiamo, può avere un impatto distruttivo sulla società in generale. Portato all’estremo, significa avere a che fare con strutture sociali ci identificano e definiscono senza ammettere cambiamenti, senza lasciare spazio all’incertezza. Come potremmo maturare, voler fare di meglio, se sapessimo già esattamente qual è il nostro destino? Se l’automazione pretende di agire su processi completi e finiti, che spazio rimane all’agire umano, che invece è parzialmente aperto, sempre in divenire e intrinsecamente non finalizzabile?
Mi ci sono affezionata così tanto da dare lo stesso titolo anche al mio TEDx presentato a Ferrara lo scorso settembre per parlare del controllo che noi possiamo esercitare sulle tecnologie (tutte), ben prima del contrario.
ps: chi ha voglia di recuperarlo scoprirà in anteprima il perché del logo di questa newsletter, che approfondirò nei prossimi numeri 🌝
✍️ Letture e altre risorse
✨ Uno dei miei romanzi preferiti, pubblicato nel 1956, che qualche anno fa ha aperto alle riflessioni che oggi leggete qui: E Jones creò il mondo, di Philip K. Dick (Fanucci).
✨ Qualche giorno fa ho scritto una riflessione (un po’ lunghetta) che nasce dall’esigenza di distinguere tra Etica, legge e morale della tecnologia. Ispirata dai recenti fatti di cronaca e dai cambiamenti ai vertici di una delle commissioni governative sull’IA, ho provato a spiegare perché reputo problematico chiedere ad avvocat3 di occuparsi di etica, confondere l'etica con la morale e lavorare a framework etici "globali".
✨ Questa settimana ho parlato con Elisabetta Ambrosi, che mi ha intervistata per una rubrica sul genere del Fatto Quotidiano. Si legge qui, ma solo per abbonatɜ: Intelligenza Artificiale, la ricercatrice Huyskes: “Il rischio di riprodurre stereotipi si può prevenire”
✨ Ho scritto un articolo sui rischi e le opportunità legate all’automazione dei servizi pubblici e all’algoritmizzazione delle pubbliche amministrazioni nel report annuale 2024 di Forum PA, che dopo essere stato consegnato in anteprima al ministro per la Pubblica Amministrazione Zangrillo 😁 verrà presentato oggi a Roma dalle 16:00, anche in diretta sul sito www.forumpa.it
🗓 Dove ci vediamo?
Il 24, 25 e 26 gennaio sarò a Bari per tenere alcune lezioni sull’etica e la regolamentazione delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale in alcune scuole in città e provincia organizzate da Zanichelli nell’ambito dell’iniziativa La scienza a scuola.
📬 Se siete arrivatɜ fino a qui, grazie di cuore! Per questo numero è tutto. Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, o se avete domande da condividere e/o suggerimenti. Potete sempre scrivermi a info@dilettahuyskes.eu. Se vi va di aiutarmi a creare questa piccola comunità di curiosɜ, potete condividere questa newsletter con altre persone che pensate possano essere interessate.
Ci sentiamo il prossimo mese!
Diletta